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Sport e Motori nella storia

La Peugeot 205 Turbo 16 è un po’ l’emblema di un’epoca, quella della massima evoluzione dei Gruppi B dei rally, di cui ha vinto gli ultimi due Campionati Mondiali Costruttori e Piloti nel 1985 e nel 1986.

La “tisedici” nasce quale parte integrante del grande programma di cambiamento d’immagine e di prodotto legato appunto alla Peugeot 205 che segna appunto il cambio di passo della Casa del Leone. Per questo programma fortemente voluto da Jacques Calvet presidente di PSA e Jean Boillot a capo del marchio Peugeot sul finire del 1981 viene creata a Boulogne Peugeot Talbot Sport, erede di Talbot Sport che aveva appena vinto il mondiale costruttori con l’omonima Lotus 2.2.  Non a caso a dirigere il programma di Peugeot Talbot Sport è Jean Todt, nel 1981 navigatore di Guy Frequelin, che qualche anno più tardi diventerà DS di Citroën Sport…

La 205 Turbo, la cui sigla interna è M24 rally,  è frutto del lavoro di diversi tecnici Peugeot o di provenienza Talbot Sport come Bernard Perron, Des O’Dell e Jean Claude Vaucard cui si aggiungeranno l’ingegnere Andrè De Cortanze, figlio di Charles De Cortanze quinto alla 24 Ore di Le Mans del 1938 con la Peugeot 202 Darl’mat, e Jean Pierre Boudy, il grande esperto dei motori turbo, che vanta una lunga esperienza in F1 con Renault accanto a Francois Castaing. La 205 T16 è immediatamente riconoscibile dall’esterno per le misure compatte – 3,82 metri di lunghezza, con un passo di 2,54 metri – che la associano ai modelli di serie il muso aggressivo con la classica calandra a tre listelli e il leone centrale, le grosse prese d’aria laterali posizionate dietro le portiere, i passaruote allargati per alloggiare i pneumatici Michelin TRX 20,59 x 390 sull’anteriore e 23,59 x 390 sul posteriore – e lo spoiler posteriore, che nelle edizioni successive sarà sostituito da un vero e proprio alettone. A livello meccanico la vettura monta il motore quattro cilindri bialbero XU8-T di 1775 cc con testa a 16 valvole, iniezione meccanica Bosch K-Jetronic e sovralimentazione con turbocompressore KKK con intercooler misto aria/aria-aria/acqua. E’ montato in posizione centrale posteriore, inclinato di 20° all’indietro, e sviluppa inizialmente una potenza di 340 CV a 7.500 giri/min con una coppia massima di 40 mkg a 5.000 giri/min. Il telaio è monoscocca in acciaio, le sospensioni a triangoli sovrapposti con molle elicoidali e ammortizzatori coassiali. La trasmissione, che è un altro dei punti clou della vettura, prevede un cambio a cinque marce, la frizione bidisco ventilato a comando idraulico, i differenziali anteriori e posteriori, e il differenziale centrale ripartitore di tipo epicicloidale con giunto Ferguson. Per la ripartizione si privilegia il posteriore con le due soluzioni al 66% e al 75%.

Il 1983 è l’anno cruciale con i primissimi km il 16 febbraio sulla pista privata di Mortefontaine, la rivelazione delle prime immagini alla stampa il 23 febbraio. I collaudi condotti da Jean Pierre Nicolas, il campione francese protagonista degli exploit delle Peugeot 504 “Regine d’Africa” proseguono intensi sugli asfalti di Mortefontaine e Monthléry e sulla terra a Lardy, mentre a fine anno ci sarà il test sulle prove del Sanremo in Toscana. Il 29 ottobre il primo test gara, in una corsa secondaria a Sarlat, dove al volante della “tisedici” debutta Ari Vatanen, scelto da Todt come top driver del programma.

Nella primavera del 1984, dopo la presentazione dei duecento esemplari della versione stradale – prezzo al pubblico 60 milioni di Lire – necessari per l’omologazione FIA la “tisedici” è pronta per i palcoscenici mondiali. Al Tour de Corse la prima uscita e il primo risultato con il quarto posto di Nicolas. Poi dopo la sfortunata uscita all’Acropoli, Vatanen centra la prima vittoria iridata al Mille Laghi in Finlandia, che replica subito al Sanremo e poi al RAC.

E’ l’anteprima dei trionfi mondiali dell’anno successivo che inizia con i due “centri” di Vatanen a Montecarlo e in Svezia. Ma non sarà Ari, fermato da un disastroso incidente in Argentina, a far suo il titolo piloti ma il suo nuovo compagno di squadra Timo Salonen, primo in Portogallo, Acropoli, Argentina e 1000 Laghi. Nel frattempo la vettura è ulteriormente evoluta come indica la sigla EVO 2, con il motore, dove è stato sostituito il turbocompressore KKK con il Garrett con intercooler aria/acqua, con la potenza che salirà fino a 460 CV e la coppia a 50 mkg, il cambio a sei marce e un peso ridotto a 910 kg.

Nel 1986 il bis nel Campionato costruttori, mentre il titolo piloti se lo aggiudica la new entry Juha Kankkunen.

Poi lo stop ai Gruppi B, con la Peugeot 205 T16 che esce di scena con un bottino di quattro titoli mondiali e sedici gare mondiali in meno di tre stagioni!

Ma la sua carriera agonistica non è ancora finita. A parte l’impiego vittorioso da parte di alcuni privati nel Campionato Europeo Rallycross con i titoli di Seppo Nittymäki nel 1986 e Matti Alämaki nel 1987, 1988 e 1989, con una felice intuizione, Jean Todt sposa l’idea dei raid africani. In poco meno di due mesi nasce la Peugeot 205 Turbo 16 Grand Raid che presenta passo e lunghezza incrementati – rispettivamente 2,87 metri e 4,20 metri – la capacità dei serbatoi maggiorata a 400 litri con l’aggiunta di un terzo serbatoio tra motore e abitacolo, la soluzione del doppio gruppo molla ammortizzatore per le sospensioni, la potenza del motore ridotta a 380 CV, e un peso complessivo di 930 Kg. Alla Dakar dove partecipa da pilota ufficiale anche Andrea Zanussi – reduce da una fantastica stagione nel Campionato Italiano, non concretizzata dal titolo solo per colpa dei soliti mascalzoni dei chiodi…- c’è il trionfo immediato del rientrante Ari Vatanen, primo anche al Rally dei Faraoni nell’autunno successivo. E sempre alla Dakar nel 1987 ci sarà l’ultimo grande trionfo della “tisedici” con Juta Kankkunen che avrà la meglio sui compagni di squadra già al volante delle nuova 405…