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Sport e Motori nella storia

Si può dire che alla fine di gennaio 1972 gli italiani scoprono i rally. Al Rally di Montecarlo Sandro Munari e Mario Mannucci conquistano un’epica vittoria battendo l’armata bleu, ovvero le Alpine Renault. Quello storico evento – è la prima volta che una macchina italiana con equipaggio tutto italiano riesce nell’impresa – “buca” telegiornali e quotidiani, Sandro Munari è il personaggio del momento, e la “Fulvietta” che quell’anno porterà in dote alla Lancia anche il titolo internazionale costruttori fa innamorare tutti. In effetti, pochi sanno che quel successo arriva al culmine di un lungo processo.

La Fulvia Coupè è nata nel 1965, il design così particolare si deve a Piero Catagnero. E’ un cupè due porte “tuttoavanti”, con motore quattro cilindri 1216 cc da 80CV. Sul finire di quell’anno l’esordio al Tour de Corse con Leo Cella, navigato da Gamenara, che si piazzano ottavi assoluti, nonostante la limitata preparazione della vettura, che l’anno seguente con un motore in grado di sviluppare 87 CV e il peso ridotto si piazza al quinto posto nel Rally di Montecarlo con Cella, affiancato da Luciano Lombardini, che poi ottengono la prima vittoria assoluta al Rally dei Fiori. Leo si ripeterà anche al San Martino di Castrozza, e vincerà quell’anno il titolo italiano rally. Insomma la Fulvia, portata in gara dall’HF che è la squadra ufficiale Lancia diretta da Cesare Fiorio, conferma tutto il suo potenziale, è una macchina robusta ed equilibrata. Al Tour de Corse, un anno dopo l’esordio, ecco la prima evoluzione, con il motore 1332 cc da 100 CV e i cerchi in lega. All’inizio del ’67 la Fulvia HF sfiora il colpaccio a Montecarlo. E’ seconda con Ove Andersson che chiudono a soli 13” dalla Mini Cooper S di Aaltonen-Liddon, quarta con Cella-Lombardini e quinta con Sandro Munari, in coppia con George Harris, che è un po’ l’uomo nuovo. Insomma è davvero nata una stella, e la vettura comincia ad avere numerose richieste da piloti e preparatori, per i quali viene commercializzata la Fulvia Rally 1300, con motore 1298 cc da 87 CV, su cui si cimenteranno i vari “maghi”, e costa circa 1.700.000 Lire. Intanto Andersson-Davenport si ripetono anche all’Acropoli, e a fine anno vinceranno il Rally di Spagna davanti ai compagni di squadra Munari-Harris. Poi, ancora una volta in Corsica, fa la sua apparizione una versione prototipo, alleggerita fino a 740 Kg, motore 1401cc da 127 CV, con il valore e la curva di coppia ulteriormente migliorati, ed subito al top. Munari è primo e Pauli Toivonen secondo! A rendere indimenticabile l’annata, che si conclude con Munari Campione d’Italia, c’è anche la pista con il titolo europeo di Claudio Maglioli nella classe fino a 1300 cc. La Fulvia si presenta ora con i favori del pronostico al “Monte”. A farla da padrone è invece la sfortuna. Munari ha un incidente a Skoplje in Macedonia nel percorso di avvicinamento, nel quale perisce Luciano Lombardini, in quel momento alla guida, e l’assoluta mancanza di neve favorisce la più potente Porsche 911, segna l’avanzata delle vetture a trazione posteriore. Un mese dopo si aggiunge la triste scomparsa di Leo Cella, mentre prova a Balocco un prototipo 33 dell’Alfa Romeo, che l’aveva ingaggiato per la pista. Le note liete tornano al Rally di Sanremo con il secondo posto di una grande Pat Moss e con l’esordio della Lancia Fulvia HF 1600, ovviamente in Corsica. Il motore della vettura opera di Ettore Zaccone, è ora un quattro cilindri da 135 CV, su cui in seguito lavorerà anche Gianni Tonti. L’HF 1.6 è una Gruppo 4, e in attesa di omologazione parteciperà al Rally del Mediterraneo, compreso nel Montecarlo 1969, riservato ai prototipi, che vince con Harry  Kallström. Sarà proprio “Sputnik” il protagonista di spicco della stagione con la conquista del titolo europeo alternandosi al volante della HF 1.3 con la quale è primo al Rally Sanremo – la 1.3 vincerà anche il Rally del Portogallo con Tony Fall – e della HF 1600, che, dopo essere stata omologata in Gruppo 4 il primo ottobre, è prima al Rally di Spagna e al RAC.

Il biennio ’70-’71 vede il duro confronto con Porsche e con l’Alpine Renault A110 che affermano definitivamente il concetto del motore posteriore e di una diversa ripartizione dei pesi. La “Fulvietta” si difende e allunga il suo cospicuo curriculum e gioca anche la carta del Safari dove però rimedia solo un piazzamento. Ma il meglio deve ancora venire con la sua evoluzione definitiva accreditata di una potenza di circa 160 CV, erogati da suo motore quattro cilindri a V di 13°, monoalbero alimentato con due carburatori Dell’Orto DDHL 48, e 17,2 kgm di coppia a 6000 giri/min. Il peso è al limite degli 825 kg, mentre le misure canoniche sono 2,33 metri per il passo, 3,93 metri lunghezza e 1,30 altezza, e le sospensioni con avantreno a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, balestra trasversale, barra stabilizzatrice, ammortizzatori idraulici telescopici, retrotreno ad assale rigido, balestre longitudinali, barra stabilizzatrice e ammortizzatori idraulici telescopici. Il cambio è un cinque marce Lancia, i freni a disco con servofreno a depressione. E’ con questo mix che Munari vince il “Monte” 72, Simo Lampinen il Rally del Marocco, e Amilcare Ballestrieri il Sanremo, consegnando alla Lancia, che entrata in orbita Fiat, il titolo costruttori. E nella sua ultima stagione piena, il 1973, è ancora capace d’imporsi nel Campionato Europeo Piloti con il suo pilota simbolo Sandro Munari, che poi l’anno seguente firma anche il terzo posto al Safari, con il quale la “Fulvietta” passerà il testimone alla sua erede designata: la Stratos.